La stella della NASCAR Kevin Harvick ha scatenato una critica accesa contro l’attuale limitazione della potenza dei motori nel sport, innescando un acceso dibattito all’interno della comunità delle corse. Harvick, noto per la sua schiettezza, ha espresso la sua frustrazione riguardo al limite di 670 cavalli, sostenendo che ha privato le corse della loro eccitazione e ridotto il ruolo della abilità del pilota nell’esito delle gare.
Il dibattito è stato riacceso dopo la recente gara al Las Vegas Motor Speedway, dove Harvick e altri piloti hanno espresso il loro malcontento riguardo alle velocità di qualificazione che lasciavano poco spazio per una guida strategica. Chase Elliott, la cui famiglia ha una lunga storia nella costruzione di motori, ha concordato con Harvick, sostenendo che un aumento della potenza richiederebbe più tempo senza accelerare, rendendo così le corse più competitive.
Un pilastro dell’argomentazione di Harvick è la mancanza di sfida sui circuiti di un miglio e mezzo, che lui crede esemplifichi i problemi più ampi della NASCAR con la configurazione dei motori. “È assolutamente ridicolo che siamo andati su un miglio e mezzo senza restrizioni e hanno qualificato a pieno gas. Cosa dobbiamo fare per ottenere più potenza? Questo grida potenza per me,” ha sfogato Harvick nel suo podcast Happy Hour.
Rievoca l’era d’oro della NASCAR degli anni ’90 e dei primi anni 2000, quando i motori producevano regolarmente oltre 800 cavalli, risultando in emozionanti sfide ad alta velocità su circuiti come Atlanta e Charlotte. Harvick, un veterano di quest’era, ricorda i giorni pieni di adrenalina in cui i piloti dovevano gestire l’usura delle gomme mentre navigavano in curve ad alta velocità.
La richiesta di Harvick per un aumento della potenza ha ricevuto supporto da piloti di spicco come Joey Logano e Kyle Larson, che credono che una maggiore potenza porterebbe a un’usura delle gomme migliorata e a più opportunità di sorpasso. Tuttavia, i funzionari della NASCAR rimangono esitanti, citando preoccupazioni riguardo ai costi e ai potenziali impatti sulla competizione.
La storia della NASCAR è piena di casi di conflitto tra sicurezza e velocità. Negli anni ’70, sono state introdotte le piastre di restrizione per affrontare le preoccupazioni relative alla sicurezza derivanti dalle alte velocità su circuiti come Daytona. Questo ha segnato l’inizio di una tendenza a limitare la potenza, una mossa che molti sostengono abbia attenuato l’emozione dello sport.
L’effetto di queste riduzioni di potenza è diventato più evidente negli ultimi anni. Nel 2014, i motori producevano circa 900 cavalli, ma nel 2015 questo è stato ridotto a 750 cavalli, e poi ulteriormente abbassato a 550 nel 2019. Questi cambiamenti, sebbene destinati a favorire una competizione più serrata e corse più sicure, hanno spesso portato a gare meno emozionanti.
Un cambiamento nelle strategie dei piloti e nella dinamica delle gare è un’altra conseguenza di queste regolamentazioni sui motori. Con meno potenza a disposizione, molte squadre hanno dato priorità a configurazioni che massimizzano il carico aerodinamico invece della pura velocità, alterando fondamentalmente le strategie di gara. Kyle Larson osserva che con meno potenza c’è meno margine di errore, portando a esperienze di gara più uniformi piuttosto che mettere in mostra le abilità individuali dei piloti.
Nonostante le resistenze da parte della NASCAR, che cita l’aumento dei costi e le difficoltà dei produttori, i sostenitori di un aumento della potenza rimangono fermi. Sostengono che ripristinare la potenza ridarebbe slancio all’emozione e all’imprevedibilità che un tempo definivano la NASCAR, mantenendo lo sport rilevante in un panorama automobilistico in rapida evoluzione. Tuttavia, data la storia della NASCAR di ignorare le questioni relative alla Next Gen car, resta da vedere se verranno apportate modifiche significative ai motori.
Nelle parole di un frustrato Kevin Harvick, è giunto il momento di “Fix the Damn Problem”. Se la NASCAR ascolterà questo appello o continuerà a resistere a queste richieste è una questione da seguire attentamente. Il futuro dello sport potrebbe davvero essere in bilico.